Diritti quesiti o inflitta ingiustizia?

Anche alla luce della recente pronuncia della Corte Costituzionale che invita il governo ad adeguare le pensioni all’inflazione, vorrei fare il punto (con considerazioni disordinate) sulle discusse pensioni. Per inciso la stessa Corte che nel diritto si è pronunciata in un modo, ha poi lasciato intendere tra le righe che l’adeguamento potrebbe essere evitato con una legge ad hoc. Vi cito alcuni dati Istat del 2012 (purtroppo non ci sono altri aggiornamenti): in Italia che prendono più di 1500 euro al mese ci sono più di 1.000.000 di persone, che prendono 1750 euro al mese oltre 750.000 persone, che prendono più di 2000 euro al mese più di 600.000, oltre  400.000 percepiscono 2250 euro; con 2.500 euro mensili ci sono più di 600.000 persone; infine, ricevono più di 3000 euro mensili oltre 600.000 pensionati d’oro.

In questo ultimo “scaglione”  ci sono pensioni da 15.000, 20.000 euro mensili e anche più (è tutto nero su bianco nel sito dell’Istat http://dati.istat.it). Mi chiedo: non è scandaloso? Oggi ci sono ragazzi e ragazze (anche laureati) che stentano a percepire 5/6 euro l’ora (a volte lordi!) per un lavoro. Davvero non lo trovate scandaloso? Sembra la storia delle classi del Titanic: se la nave affonda la soluzione, visto la scarsità di scialuppe, è chiudere a chiave la porte delle classi inferiori per impedire alle persone di togliere i posti ai passeggeri di prima classe. Solo che nel caso dell’Italia c’è una profonda differenza perché i soldi ci sono: sarebbe sufficiente redistribuirli.

Redistribuire la ricchezza è uno dei compiti principali dello Stato. Non credo che ci siano “diritti quesiti” che tengano di fronte a un’ingiustizia di queste proporzioni. I nostri padri, i nostri nonni avranno lavorato tanto, d’accordo ma queste pensioni (che sono evidentemente sproporzionate e che vanno contro ogni buon senso retributivo e contributivo) hanno messo un’ipoteca sul presente e il futuro delle giovani generazioni.

Una solenne sciocchezza poi è l’adagio che va di moda:  “chi ha accumulato tanto nella vita ha diritto a percepire altrettanto”. In primo luogo un tempo si andava in pensione tenendo presente la retribuzione e non la contribuzione; inoltre si teneva conto degli ultimi salari percepiti, ovvero della fine carriera lavorativa. Non parliamo di coloro che sono andati in pensione a quarant’anni o meno negli anni ’80 (le famigerate baby-pensioni) e cha adesso hanno una settantina d’anni e hanno percepito una pensione che va ben oltre il loro periodo lavorativo e i contributi versati. In passato quando lo stato era più ricco e “non c’era crisi” (o quantomeno quando la classe dirigente aveva deciso che lo stato poteva vivere al di sopra delle proprie possibilità) i pensionati d’oro di adesso (i professori di università i medici, gli avvocati, tutte le professioni intellettuali e coloro che avevano attività economiche floride) avevano anche ottimi posti di lavoro e un Welfare alleato che li aveva traghettati fino agli apici della carriera. Credo che molti abbiamo già avuto (e parecchio) dallo Stato.

Io non voglio – senza averlo scelto – pagare a peso d’oro centinaia di migliaia di pensioni privandomi del presente e del futuro, mio e dei miei figli.

Se anche voi fate un rapido calcolo da ignoranti (come me!) potete trovare che riducendo di alcune centinaia di euro i quattro scaglioni pensionistici più ricchi (dai 2500 euro in su per intenderci) e in modo progressivo, (perciò togliendo a tutti tra il 5% e l’8%) risparmieremmo tra i 3,5 e i 6 Miliardi di euro all’anno (a seconda di quanto si toglie ovviamente) che potrebbero essere utilizzati per creare nuovi posti di lavoro. Nel prossimo futuro chi dovrà ancora ricevere la pensione dovrà accontentarsi di una pensione per non morire di fame, mentre per chi è andato in pensione nel recente passato si pretende un trattamento adeguato allo status sociale mantenuto in costanza di lavoro o comparabile alla retribuzione.

Colpevoli, purtroppo, anche i sindacati e la classe politica senza distinzioni di colore che non osano mettere mano ai famigerati “diritti quesiti” anche a fronte a questa colossale ingiustizia sociale: del resto i pensionati – in Italia – sono un grandissimo bacino elettorale.

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